19 luglio 2004
Nomi a dominio e tutela del marchio: il caso Armani.it

La legislazione attuale in merito al Cybersquatting

Il decreto Passigli, che - pur con grandi difetti e incompletezze – era un tentativo concreto di regolamentare l’assegnazione dei nomi a dominio, non diventò mai legge italiana e, con il governo Berlusconi, nessun politico si occupò più della cosa, lasciando aperta la ‘falla’ che aveva permesso a un solo imprenditore di acquistare centinaia di migliaia di domini internet italiani.

In assenza di leggi dello stato, valgono ad oggi le regole decise dalla Naming Authority italiana, ovverosia l‘autorità che burocraticamente e formalmente sancisce la proprietà dei domini internet.

Le regole della Naming Authority, consultabili all’indirizzo internet www.nic.it, sono abbastanza chiare e chiunque abbia già acquistato un dominio ha potuto leggerle nel modulo di richiesta per l’ acquisto di un dominio italiano; riportiamo di seguito i punti più interessanti:

• i nomi a dominio vengono assegnati dalla RA (Registration Authority) in uso ai richiedenti, seguendo l'ordine cronologico delle richieste;
• alcuni nomi a dominio sono riservati (Nomi a Dominio Riservati);
• un nome a dominio non è prenotabile;
• la procedura di assegnazione di un nome a dominio si conclude quando avviene il suo caricamento nel database dei nomi a dominio sotto il ccTLD "it", detto anche Registro dei Nomi Assegnati (RNA). Tale caricamento viene effettuato quando la RA ha ricevuto tutta la documentazione richiesta ed è stata verificata l'effettiva funzionalità.

Chi primo arriva meglio alloggia?

Torniamo quindi al caso Armani.it. Già nel 2000 Grauso aveva dato una risposta tagliente sull’argomento; a chi gli chiedeva che cosa ne sarebbe stato dei domini registrati con nome e cognome di ignari italiani, Grauso rispondeva: "Potrei anche rinunciare a un dominio del tipo giuseppebianchi.it. il vero problema è questo: a chi dei 200mila Bianchi nell'elenco dovrei cederlo, al più ricco, al più bello, al più veloce...?".

Grauso aveva toccato un punto molto importante: se non vale la legge del Firts came first served, quale legge, o sarebbe meglio dire ‘norma’, si dovrebbe applicare?

Per Luca Armani - che non può essere ovviamente accusato di Cybersquatting - ha prevalso la legge del ‘più noto’, che è una variante della ‘legge’ del più forte. Luca Armani ha perso il primo grado di giudizio poiché il giudice ha ritenuto che la Giorgio Armani S.p.a. avesse una sorta di diritto di precedenza, in quanto il marchio da essa rappresentato era ed è molto più noto di quello del timbrificio Luca Armani.

A molti, questa sentenza è apparsa profondamente ingiusta; per altri essa è stata ‘semplicemente’ normale; prima di analizzare di nuovo la questione legale del ‘caso’ Armani.it, cerchiamo di capire se la battaglia di Luca Armani aveva un senso oltre a quello della semplice e ‘pura’ affermazione dei propri diritti, abbandonando per qualche riga il mondo della giurisprudenza e della burocrazia e tornando a quello a noi più consono del marketing e del commercio.

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