02 settembre 2005
Spam, Privacy e il Googlepolio

Avete mai sentito un webmaster (si sente ancora utilizzare questo termine) che si dispera perché ha perso tutto il traffico di Google, perché è stato ‘bannato’ o anche semplicemente ‘penalizzato’? Quasi sempre si rammarica di avere fatto qualche errore e si domanda quindi: “Dove ho sbagliato?”. Se è in ‘mala fede’, se cioè ha messo in pratica tattiche e strategie ufficialmente proibite (spamdexing) prova quel senso di dolore misto a giustizia di quando il colpevole viene arrestato e pensa: “Avrei preferito di no, ma in fondo me lo merito’; altrimenti si scervella sui forum e con i ‘net friend’ per capire ‘che cosa diavolo (devil, not evil) possa essere successo, dove possa avere sbagliato perché s-i-c-u-r-a-m-e-n-t-e ha sbagliato qualche cosa. In sostanza Google è, dopo la psicoanalisi e il marxismo, diventato un grande ‘infalsificabile’; chi si occupa di SEM sa bene qual è la ‘sindrome’ della maggior parte dei loro clienti. I clienti non vogliono ‘fare soldi’, non vogliono ‘che il sito abbia traffico qualificato’ etc, vogliono ‘essere primi’; lo spirito di John Wayne e di Roosvelt trasferito senza nemmeno una goccia di bourbon o un cucchiaio di burro di arachidi alle nostre menti latine che avevano sempre cercato di raggiungere la qualità (o il dio Mammone). Essere ‘primi’ su Google vuol dire: “Hey, Google – che non sbaglia mai – ha deciso che sono il sito ‘migliore’ di tutti, quindi, nonostante non abbia un customer care, nonostante non venda uno spillo, nonostante i miei utenti non si fidelizzino, nonostante la grafica sia pietosa (Nielsen still rules), nonostante tutto questo: “io sono il migliore” e, dal momento che ‘il rank è mobile... qual piuma al vento’, dalle stelle della vetta si può passare in pochi istanti alla duecentesima pagina o addirittura all’eliminazione dall’indice; ma il sito non era sempre lo stesso? Come nei tribunali staliniani della seconda metà degli anni ’30, chi prima era capo della NKVD siede adesso al banco degli imputati e, pur sapendosi innocente si chiede: ”dove ho sbagliato? Dove…?”.
E il pagerank? L’alt del pagerank dice che: ‘indica il livello di pertinenza di una pagina’; ma di pertinenza a che cosa? La pagina di google.com ha pr 10, il massimo, ma a che cosa è pertinente? Eppure, noi tutti dipendiamo dal pagerank, che (mostratoci ufficialmente ‘a scoppio ritardato’) ci dimostra quanto siamo pr-dipendenti e per questo scambiamo o perfino ‘compriamo’ link (o vendiamo, se siamo più fortunati) di siti che non hanno nulla a che fare col nostro, purché abbiano un altro pagerank. Tempo fa scrissi a un noto sito di marketing, proponendo una collaborazione e il titolare (stimatissimo nell’ambiente) mi disse: “adesso non possiamo fare nulla con te. Richiamami quando hai almeno 5 [di pagerank, NDA]”.
L’ho richiamato dopo che Google mi aveva “dato il 5” e in effetti si è dimostrato molto disponibile a discutere della mia proposta. Io non mi sono offeso, il sito era lo stesso, ma adesso ‘valeva’ di più, come il Colonnello che ‘vale di più’ del maggiore, anche se è rimasta la stessa persona, anche se nel frattempo è diventato un uomo peggiore.
Il tono melodrammatico e un pò ironico di questo mio pezzo è forse dovuto alla ‘paura’ di parlare male di Google di ‘fargli’ del male? Perché non sono pochi che dicono di non 'parlare male’ di Google, altrimenti si viene ‘bannati’, ‘eliminati’, messi in black list (altro che sandbox...). La forma più efficace di censura è l’autocensura, perché controlla non solo i fatti ma anche le intenzioni, perché non lascia aperto nessun spiraglio alla distrazione.
Non è che forse siamo troppo ‘google-dipendenti’? Il fatto che in U.s.a per dire ‘cercare con un motore di ricerca’ si abbrevi in ‘to google’ a me pare veramente un sintomo di quel ‘Kleenex effect’ per cui la marca si identifica con il prodotto. Mia madre diceva sempre che andava ‘a comprare il Rimmel’, anche se di fatto era di un’altra marca e sono stato io dopo 30 anni di ciglia nere a dirle che Rimmel è una Marca, come anche Scotch, Cellophane etc.
E la Google Dance? Un nome gioviale per qualcosa che può essere terribile per alcuni siti o meraviglioso per altri, una cosa che di fatto non esiste e che viene utilizzata per accumulare la tensione e l’aspettativa di tutti i webmaster del mondo che si accalcano nei forum per vedere ‘che cosa è successo davvero questa volta’.
Un mio ‘net-friend’ l’altro giorno mi ha detto: “No Google, no party’; di fatto è così anche per grandissimi siti che sanno bene quanto sia debole la ‘fidelizzazione’ in un mondo in cui il negozio del concorrente dista un solo click, un solo secondo dal nostro e dove i concorrenti non sono su una strada e si contano su una mano, ma sono migliaia e ci circondano tutti a una ‘click-distance’.
“At the end of the day...” come dicono gli statunitensi, penso che il saldo di Google per il mondo di Internet sia positivo e non negativo ( e 'largamente positivo’), almeno sinora, ma quello che prima era un motore di innovazione generale, un catalizzatore di talenti e di guru dell’open source, adesso comincia a mostrare i lati ‘oscuri’ della propria potenza, senza avere però nessuno che possa ostacolarla o anche solo ‘pensare’ di ostacolarla.
Torniamo al dato dei referer dai motori di ricerca. L’80% del traffico da motori di ricerca (del traffico di chi – tendenzialmente - sa che cosa sta cercando, ma non sa dove trovarlo) è imputabile a Google e c’è almeno un 30% di navigatori che utilizza ‘solo’ Google per cercare in Internet. Questa è una situazione che non si era mai verificata nella storia delle società democratiche. Prima di Internet, ‘trovare’ qualcosa, qualsiasi cosa era sicuramente molto più difficile e prima di Google lo era ancora di più ed era difficile per lo stesso motivo che ha reso Google (e il Web) così potenti: la frammentazione delle fonti di informazione. Tutti parlano della stampa controllata dai grandi gruppi etc. Ci sono i giornali filoberlusconiani, i giornali filoagnelliani, i giornali filocooperative rosse, i giornali filomassonici etc. Chi vuole trovare della ‘controinformazione’ compra un giornale che non sia governativo, chi vuole sapere ‘le magagne’ del vaticano compra Il Manifesto o Liberazione e chi vuole sapere degli ‘anni bui’ del comunismo e delle frodi delle cooperative rosse non ha che da scegliere tra Libero e Il Giornale. L’informazione è pilotata, ma quando ci sono vari piloti abbiamo più possibilità di scegliere e – se lo vogliamo – di essere realmente informati e di farci una nostra opinione. Ma Google non è un giornale, non ha un direttore editoriale... Beh forse non ha una redazione, un caporedattore e un direttore, ma di certo non è ‘amministrato’ da un neutrale HAL (che infatti nemmeno lo era). Forse pochi di voi hanno letto delle polemiche rispetto alle news di Google. Ci sono tante fonti che sono costantemente ‘emarginate’, ‘non considerate’, ‘dimenticate’ da Google e che perciò non saranno mai raggiunte da chi non le conosceva da prima. Il motore di ricerca ha la caratteristica di essere ‘introduttivo' oltre che di permettere di ‘approfondire’ determinati argomenti. Tutti si entusiasmano per la capacità di approfondire, trovare ‘il pelo nell’uovo’ di un fatto o una teoria. Ma se io nemmeno so dell’esistenza della teoria? Se l’uovo non so nemmeno che esiste? E le News sono solo la punta dell’iceberg. Che cosa accade se siti ‘non grati’ non si trovano nemmeno nell’indice di Google?
Google rimane una società privata, quotata in borsa e che se non ha lo scopo di fare ‘evil’ ha lo scopo (giustissimo) di ‘fare utili’; e non è normale che una società il cui scopo è di fare utili si protegga da possibili ‘attacchi’ o da possibili ‘nemici’, interni... alla loro società stessa, sotto forma di siti web? Certo, siamo ancora alla teoria, e di fatto si trova tanto materiale ‘contro Google’ all’interno dello stesso Google, ma perché certi siti sono stati ‘spazzati via’ da Google improvvisamente e senza motivo? E’ logico pensare che Google faccia affidamento per la propria solidità a dei semplici ‘algoritmi’? Se il Search Engine Google è ‘guidato da algoritmi’ (BTW, scritti da uomini) di certo non lo è la Google Inc.

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