16 settembre 2005
Un 'porn marketer' è più bravo di Nielsen?

Il pay per click non nasce con i motori di ricerca

Chi pensa che il pay per click sia nato con GoTo o poco prima (con un progetto simile che presto fallì) o che sia nato in qualche concessionaria è fuori strada. I siti pornografici sono sempre stati interessati a una sola cosa, i profitti; certo, questo vale per tutte le aziende, ma la differenza fra un'azienda normale e un'azienda che produce pornografia è il grande peso della direct response rispetto a qualsiasi altro degli aspetti e delle caratteristiche di qualsiasi campagna pubblicitaria. Se la CocaCola guardasse ogni mattina quante lattine in più ha venduto (dopo uno spot) sarebbe senza dubbio poco intelligente (vista la durata nel tempo che ha una pubblicità di puro brand come quelle di una società di questo tipo), ma il responsabile di un sito porno, di uno fra milioni di siti porno, che non faccia 'i conti della serva' ogni giorno se non ogni ora per quel che riguarda l'efficacia di una campagna promozionale è certamente destinato al fallimento. Nei siti per adulti il brand è molto debole ed è difficile fidelizzare, proprio per questo i responsabili di siti per adulti sono diventati grandi esperti di strumenti pubblicitari, sia a pagamento (come l'acquisto di spazi pubblicitari) sia non a pagamento (come l'indicizzazione 'naturale' nelle SERP). Il pay per click per i responsabili di siti porno è senza dubbio una necessità più che una scelta. In questo caso dubito che il modello commerciale (cpc appunto e non più CPM) utilizzato dai siti porno abbia avuto una grande influenza sul suo futuro successo, ma non vi è dubbio che anche in questo caso il 'porn marketing' abbia dimostrato meno miopia di molti altri settori.

Il coraggio di... Pop-up!

I primi banner non sono stati visti (più di dieci anni fa) su siti porno; ma i primi pop-up sì. Il motivo forse è da rintracciare, ancora una volta, nel fatto che nel settore per adulti l'attenzione verso la 'sobrietà' del sito e verso la sua 'non invasività' ha sempre avuto una grande importanza e probabilmente ha molto spesso frenato l'innovazione. Anche i oggi i pop-up sono tutt'altro che bene accetti e se ne vedono sempre di meno (dal momento che sono sempre più diffusi i sistemi utili a bloccarne la visualizzazione), ma senza dubbio essi hanno rappresentato un grande passo avanti nel web advertising e non tanto perché hanno permesso che migliaia di società avessero milioni di utenti in più di quelli che avrebbero avuto con i semplici banner o link testuali, ma perché ha introdotto nel Web un nuovo (per il Web) modo di fare pubblicità, riapplicando le categorie dell'interruption marketing che da lustri sono utilizzate nei massmedia tradizionali, come radio e tv. Fino all'apparizione dei pop-up (poi 'edulcorati' nei meno invasivi pop-under), le pagine internet sembravano essere ancora 'immuni' da qualsiasi standard pubblicitario tradizionale. Proprio per questo, l'introduzione dei pop-up è stata molto osteggiata, in quanto contraria alla freelosophy che ancora imperava (e ancora impera), alla considerazione che il Web fosse un medium fondamentalmente 'diverso' e che non dovesse 'soffrire' tutti i 'difetti' degli altri media. Purtroppo questa considerazione (e anche il fatto che l'abbonamento annuale a Internet, dopo l'ingresso di fiscali nel mercato - è stato completamente abolito, mentre sussiste ancora negli U.s.a.) ha portato a una 'distorsione' dello strumento stesso e all'instaurazione di grandi difficoltà per la nascita di un sistema pubblicitario 'maturo' e adatto a competere (e collaborare) con gli altri media.

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