10 giugno 2003
Il Web Advertising dopo la Dialer Age

La responsabilità dei centri media

I veri svantaggi di Internet sono altri. Certamente il fatto che non è possibile ottenere risultati simili a una massiccia campagna TV in termini di ritorno immediato sull'investimento. Anche questo però non è del tutto vero. Se un big spender comprasse (in un mese) solo il 10% degli spazi pubblicitari che sono disponibili sul Web, otterrebbe senza dubbio risultati paragonabili a quelli dei mass media tradizionali, ma questa operazione non è così facile. La maggior parte dei siti di rilievo ha abbandonato le concessionarie pubblicitarie più di un anno fa proprio per la scarsità quantitativa e qualitativa della pubblicità proposta.

Molti amano parlare di una selezione darwiniana che sta riducendo a pochi gli attori del Web advertising, ma è accaduto e sta accadendo proprio il contrario. Se è vero che si sono ridotte le concessionarie pubblicitarie (banner-based soprattutto), è altrettanto vero che si sono moltiplicati enormemente i siti che gestiscono in totale autonomia i propri spazi e questo porta a un evidente problema di organizzazione di una campagna su larga scala. Per raggiungere diversi target della popolazione internet (e in quantità rilevante) è infatti necessario avere contatti con decine e decine di player; un lavoro certamente non facile e spesso ritenuto poco remunerativo dai centri media, che dovrebbero essere proprio l'anello di congiunzione tra chi cerca visibilità (clienti) e chi offre visibilità (editori) e che spessissimo preferiscono impiegare il 100% delle proprie risorse per pubblicizzare con i media classici piuttosto che dedicare al Web un 20% del loro tempo che poi darebbe frutti solo per uno 0.5 % o 1% sul risultato globale della campagna.

Come già abbiamo accennato, il vero motivo che ha spinto la maggioranza degli editori a ospitare dialer advertising è l'assenza di concorrenti, l'assenza di altri e diversi clienti che volessero occupare i medesimi spazi. Marco Lavezzi, coordinatore vendite per l'area Internet di Mondadori Pubblicità - ha recentemente dichiarato (Strategia, Maggio 2003): "In molti, per sopravvivere alla forte riduzione dei fatturati, hanno scelto di dare ampio spazio a questo business [dei dialer]. Credo che questa scelta abbia portato due scelte non felici per il mercato on-line: da un lato ha svilito la bontà dei prodotti editoriali e dall'altro ha convinto parte degli investitori tradizionali che la Rete era un medium per categorie merceologiche di basso profilo".

Oltre al fatto che non viene spiegato come allora si sarebbe dovuto reagire alla "forte riduzione dei fatturati", viene fatto di pensare che il rapporto causale sia opposto a quello testé evidenziato; gli spazi pubblicitari del Web sono stati snobbati o sottovalutati dai big spender non appena la bolla di Internet è miseramente scoppiata ormai quasi due anni fa e perciò questi spazi sono stati presi da altri. Ricordate più di dieci anni fa quali erano gli spot che passavano in TV a tarda sera? Solo ed esclusivamente spot delle hot line (144 divenuti poi 166) o di ipotetici luoghi virtuali di incontro tra solitari in cerca di amicizie o di due chiacchiere e questo perché i big spender avevano sottovalutato questa fascia d’ascolto. Le concessionarie televisive non credevano che si potessero vendere, e molto bene, quegli spazi rifiutati dalla maggioranza dei clienti 'istituzionali'. Adesso le cose sono ben diverse e quegli spot appaiono soprattutto su piccole TV private. Il giorno in cui le TV private saranno ulteriormente 'sdoganate', gli spazi per la pubblicità degli attuali 899 saranno sempre di meno. Come ha detto Carlo Poss, a.d. di AdLink: "Se ci fossero stati i clienti tradizionali non si sarebbe creato lo spazio per questo tipo di investitori [Dialer]".

Un delicato momento di transizione

Un fatto indubitabile è che, oggi, la pubblicità dialer-based sostiene la stragrande maggioranza di siti, portali e concessionarie. I primi tre big spender di pubblicità on-line sono dei centri servizi il cui core business è l'offerta di contenuti attraverso aree riservate (i.e. dialer). La stessa IAB italiana (Interactive Advertising Bureau) ha deciso, in grave ritardo, di dare vita a un nuovo 'settore' di advertiser (chiamata appunto 'dialer') anche se le attribuisce senza dubbio una penetrazione nettamente inferiore (15% ca) a quella che questi siti hanno de facto nel not-IAB-Web. Oggi ci troviamo di fronte a un momento di transizione molto importante. La sfida è rivolta non tanto agli editori quanto piuttosto ai clienti 'istituzionali' e ai centri media. Gioire per la 'fine dei dialer' può essere senza dubbio comprensibile e sicuramente è molto politically correct, ma se al diminuire di clienti dialer-based non si sostituirà velocemente la crescita di altri clienti, di altre società che acquistano pubblicità in Rete, allora l'effetto immediato sarà una crisi ancora più grave di quelle già sofferte dal mondo di Internet sino ad oggi, un processo che si scontra senza dubbio con la sedimentazione di una mentalità, da parte del navigatore stesso, che vive il Web soprattutto come luogo d'intrattenimento e di informazione. Non è sempre vero che l'offerta crea la domanda. Anche i 'passivi' surfers sono così coinvolti in questa 'sfida', sono proprio loro che dovranno aiutare tutti i player del Web italiano a far sì che Internet non sia solo un grande lunapark o aggiornatissima fonte di notizie o biblioteca interattiva, ma una vera e propria piazza, dove il mercato diventa il vero fulcro attorno al quale ruota tutta la vita della città.

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