30 ottobre 2002
Interstitial/Web=Spot/TV

Non solo direct-response

Uno degli errori più gravi che si possa commettere dopo avere commissionato una campagna interstitial-based è quello di giudicarla in ragione dei clicks diretti che si sono ottenuti. Il CTR degli Interstitial è spesso più basso di quello dei banner tradizionali. Questo non dovrebbe affatto stupire: quanti, dopo avere assistito a uno spot della Coca-cola vanno immediatamente al supermercato a comprarne una confezione? Quanti dopo aver visto lo spot del Jack Daniel se ne bevono un bicchiere? La misurabilità del web advertising ha fatto dimenticare a molti direttori marketing che non sempre bisogna utilizzare la logica del direct-response. L’efficacia di “fare brand” è sempre sottovalutata e questo forse è uno dei motivi per cui la pubblicità in Internet non riesce a decollare veramente, ad attrarre i big spender (almeno in Italia) e a staccarsi da una logica troppo miope del risultato immediato e immediatamente verificabile.

Molti Interstitial non sono nemmeno cliccabili, proprio in virtù di una logica di marketing radicalmente differente da quella ‘standard’ del click-through. Se però si desidera comunque dare l’opportunità al navigatore di accedere anche dopo qualche minuto – cioè dopo aver trovato quello che si desiderava nel sito ospitante l’Interstitial – è sufficiente accompagnare all’Interstitial dei banner o dei bottoni che richiamano immediatamente (nel messaggio e nella grafica) lo ‘spot’ appena ‘trasmesso’. In questo modo, il navigatore, rimasto sperabilmente ben impressionato o comunque incuriosito dall’Interstitial, avrà la possibilità di accedere direttamente al sito senza doversi necessariamente ricordare l’Url.

Il futuro dei rich media formats

In questi giorni in cui molti famosi siti statunitensi fanno a gara in dichiarazioni contro i vecchi e più diffusi pop-up, sembrerebbe strano che gli Interstitial possano avere un qualche futuro. Invece non è affatto così. Più le agenzie pubblicitarie, i direttori marketing e gli istituti di ricerca di mercato si rendono conto che il Web non deve essere considerato in modo affatto diverso dalla radio o dalla TV, più i format come gli Interstitial (o Superstitial) si diffondono. Secondo la Jupiter Research, i banner dominano ancora il mercato pubblicitario on-line (per circa il 95% anche se ci sembrano dati sovrastimati), ma si prevede il raggiungimento del 22% circa nell’arco di cinque anni proprio per i rich media formats tanto bistrattati.
Eric Schmidt, presidente e CEO di Google, potrà così dire “stop scaring users”, come ha fatto recentemente stigmatizzando tutte quelle forme pubblicitarie che ‘interrompono’ il normale flusso di navigazione dell’utente; rimane il fatto che il Web sempre più sta abbandonando la logica del free internet. Il Web, come qualsiasi attività editoriale, ha bisogno di soldi per sopravvivere, e chi si ricorda come fossero ‘immacolate’ le pagine di Google qualche tempo fa può capire bene che cosa intendiamo dire...


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