18 marzo 2005
Comprarsi un'isola non conviene

Non sono pochi i proprietari di siti web che hanno deciso di 'comprarsi un'isola'.

Chiariamo subito di che cosa stiamo parlando; tutti sanno che il 'valore' di un sito e quindi la sua indicizzazione e il suo posizionamento nei motori di ricerca sono fortemente dipendenti dagli 'inbound link', ovverosia dai link 'in entrata' che ricevono da altri siti.

Questo è valido per tutti i motori di ricerca, ma sempre di più lo è per il più grande distributore di click oggi presente sul mercato: Google. In Google, i fattori 'off the page' hanno assunto un'importanza negli anni scorsi solo accennata, lasciandosi alle spalle quasi definitivamente concetti come la keyword density, per non parlare di tutti i tipi di tag.

I SEO e i SEM si stanno quindi sempre di più dedicando al miglioramento di questi fattori 'off the page' che sono rappresentati quasi esclusivamente dai link.

Proprio in seguito alla constatazione della grande importanza degli inbound link, sono nate - in poco tempo e dal nulla - delle società che vendono... link.

Prima di analizzare questo fenomeno (e la soluzione alternativa che molti SEM e SEO sembrerebbero avere individuato per evitare di dovere 'comprare' link), spieghiamo - per chi ancora non lo sapesse - perché Google dà questa importanza ai link in entrata.

Il punto di partenza è lo spamdexing. Anni fa, i motori di ricerca erano molto più 'fiduciosi' nei confronti dei siti indicizzati. Se un sito 'dichiarava' (nel meta-title, nella meta-description e nelle meta-keys) di essere un sito di musica rock, esso veniva considerato automaticamente un sito di musica rock. In sostanza, i siti erano come dei 'libri' di cui l'autore stesso scriveva la recensione che doveva poi essere utilizzata per il reperimento di suddetti libri-siti nel web, in fase di ricerca.

Il sistema sarebbe perfetto se non ci fossero dei proprietari di siti interessati ad ottenere un traffico 'illecito', ovverosia fondato sulla falsa premessa che il proprio sito tratti di un argomento popolare mentre di fatto promuove altri prodotti; tipico il caso di siti porno che si indicizzavano nella categoria musicale, per raggiungere un target di pubblico tendenzialmente molto fruttuoso (come, per esempio, i giovanissimi).

Il primo effetto di questi 'fooling' dei motori di ricerca è stato l'abbassamento della qualità dei risultati di ricerca; a seguito di ricerche 'musicali' venivano infatti visualizzati molto spesso siti pornografici (o anche viceversa); in sostanza, quello che dichiaravano i proprietari dei siti (quelli che un tempo si chiamavano genericamente webmaster) non corrispondeva al contenuto effettivo dei siti visualizzati.

Una delle prime 'risposte' a questa situazione è stato l'abbassamento di considerazione e di 'peso' attribuito alle meta-description e la valutazione degli effettivi contenuti della pagina; un sito non era più 'individuato' da title, keyword e description ma dal testo contenuto nelle pagine stesse.

Questo ha rappresentato senza dubbio un progresso in fase di lotta allo spamdexing, lasciando però irrisolto il problema del ranking dei suddetti siti.

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