05 novembre 2003
You've zero privacy anyway. Ma lo SPAM che cosa c'entra?

Est dura lex lex?

Pensiamo di avere dimostrato che lo spamming, lungi dall'essere un problema di poco conto e facilmente risolvibile, ha poco a che fare con la tutela dei dati personali. Questo tipo di spamming è dannoso in sé e non coinvolge, se non in sporadici casi, la tutela dei dati personali.

In un prossimo approfondimento, analizzeremo quali sono i reali problemi di privacy per chi naviga in rete (soprattutto problemi che appariranno fra qualche anno) e vedremo come, in questo caso, il Codice sia molto più efficace. Lo spamming invece non sembra essere affatto indebolito dalla più recente normativa; a queste difficoltà si aggiunga il fatto che le pene previste sono certamente sproporzionate (soprattutto la punibilità penale appare eccessiva); il rischio è quello di rendere una legge ancora più difficilmente applicabile proprio perché troppo rigida anche nelle conseguenze.

Chi invia una e-mail promozionale o pubblicitaria deve, oltre a cercare di attenersi il più possibile al Codice, sperare che il ricevente sia una persona di buon senso. Ricordiamo infatti che il reato di spamming non è punibile per ufficio, ma è necessaria una denuncia da parte del ricevente. Il buon senso sembra poi essere anche l'unica alternativa oggi; la legge è di difficile applicazione e i tools anti spam sono di scarsa efficacia. Sperando in un miglioramento della legge e dei software, dobbiamo affidarci alla serietà e al buon senso delle aziende italiane che desiderano pubblicizzare i proprio prodotti e servizi via e-mail.

Il danno ottenuto dall'invio sconsiderato di e-mail pubblicitarie non può infatti che avere, nel medio e lungo periodo (e spesso anche nel breve), degli 'effetti collaterali' ben più negativi del vantaggio immediato che si può ottenere dalla vendita di qualche prodotto o servizio. Questa considerazione è senza dubbio ogni giorno più vera; il Web è sempre più considerato uno strumento per aumentare la brand awareness. La visione di internet (e del 'puro' click) come direct response machine (strumento comodo per ottenere una vendita immediata e immediatamente misurabile) sta lasciando spazio sempre più a un web advertising di più ampio respiro, che interpreta la Rete come uno strumento (spesso mixato con i media e i mass media classici) capace di operare positivamente sull'immagine di un prodotto, di un marchio o di una società; questo è uno dei motivi per cui le Big Companies, i marchi famosi in tutto il mondo, non fanno e non faranno mai spamming. L'effetto 'collaterale', ossia il calo di stima (anche nel breve termine) nel confronto del marchio pubblicizzato 'selvaggiamente' sarebbe infatti incalcolabilmente più grande di qualsiasi vantaggio immediato.

La situazione attuale (giuridica e tecnica) rischia di dissuadere le web companies dall'utilizzo di uno degli strumenti 'classici' (e più efficaci) di Internet (l'e-mailing). La severità della normativa è il presupposto di una paralisi 'almeno teorica' delle attività di micro marketing e di mass marketing. A conferma di questa nostra affermazione il fatto che il sito del garante (www.garanteprivacy.it) non invia alcuna newsletter. Chi desidera essere aggiornato sulle novità in materia di privacy è costretto a visitare il sito stesso. Più che una newsletter, potremmo parlare allora di una newspage, alternativa 'subordinata' alla gestione di un vero database di indirizzi di posta elettronica e - probabilmente - soluzione sbrigativa ma efficace conto qualsiasi accusa (paradossale ma plausibile) di spamming... e triste conferma del fatto che una regolamentazione severa paralizza il mercato invece di regolarlo.


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