25 marzo 2005
La 'volatilità' dei cookie. Ecco perchè il PPS non funziona

La distanza tra clienti ed editori

Spesso, come si vede dallo schema di cui sopra, i passaggi che portano il cliente sino all'editore sono più di uno e i soggetti coinvolti possono essere anche tre; è bene sottolineare che - anche in caso di pubblicità in revenue sharing - molti di questi soggetti impongono ai clienti dei set up fee; in sostanza, si tratta del pagamento di una quota (per lo più fissa) che non ha a che vedere con i guadagni direttamente provenienti dalle vendite e di cui il revenue sharing è l'essenza commerciale.
Al contrario, agli editori non spetta nessun set up fee... Questo significa che l'unico anello 'debole' della catena commerciale che porta il cliente a raggiungere dei potenziali clienti internet è proprio l'editore ed è l'anello debole proprio perché è l'ultimo anello; di fatto, l'editore viene considerato the last and the least, l'ultimo e il meno importante, mentre - anche solo intuitivamente - è l'unico soggetto che è effettivamente necessario per il cliente. Accade oggi in Internet quello che accade in agricoltura in tante località del sud Italia; come in Sicilia esistono dei produttori di pomodori che sono costretti a vendere a due centesimi al chilo (un prezzo simbolico perché non venga chiamato furto) un prodotto che poi viene venduto al dettaglio magari a due euro al chilo (facendo guadagnare tutti coloro che si trovano nella filiera), così gli editori si trovano oggi costretti a offrire ai clienti un prodotto che sarà pagato solo a determinate condizioni e queste condizioni sono il successo della campagna pubblicitaria.

Questo per quanto riguarda l'essenza del meccanismo del revenue sharing. C'è però un problema aggiuntivo che coinvolge anche una parte squisitamente tecnica: come si stabilisce che una campagna ha successo e la misura di questo successo? Attualmente, il sistema che viene maggiormente utilizzato è quello del tracking (tracciamento) attraverso i cookie.

Il meccanismo è molto semplice:

Il surfer A arriva sul sito C (del cliente-merchant) attraverso il sito B (dell'editore).
C lascia sul PC di A un cookie che contiene diverse informazioni, tra cui l'ora e la data in cui C è stato visitato da A e il passaggio attraverso B (l'editore, che in questo caso viene definito un 'referer').
Se entro un certo lasso temporale (tipicamente, dai 30 ai 45 giorni) A acquisterà un prodotto su C, allora a B sarà concessa una parte di questo acquisto (che può variare dall'1% al 15%, tipicamente).

Sembrerebbe un sistema molto efficiente; di fatto non lo è e per due motivi.

In primis, questo sistema presuppone che l'atto dell'acquisto su C sia effettuato da A con il medesimo computer con cui ha visitato C per la prima volta 'passando da' B. E' invece tipico il caso in cui le attività di navigazione vengono eseguite sul posto di lavoro, mentre le attività di acquisto vengono effettuate in casa; spesso infatti il navigatore non desidera estrarre la propria carta di credito in ufficio per mettersi a compilare i campi necessari per l'acquisto (soprattutto per motivi di riservatezza). Inoltre, chi acquista online, in più del 75% dei casi, è convivente o sposato e - come è noto - le operazioni di acquisto sempre meno vengono effettuate senza coinvolgere il proprio partner (anche per prodotti non particolarmente costosi). Il surfer attende dunque di andare a casa per discutere con il proprio partner sull'acquisto da effettuare e l'acquisto viene effettuato da casa, e non sul personal computer che ha memorizzato il cookie.

Questo è il primo difetto 'strutturale' di questo sistema di tracking; ma ne esiste un altro che è sempre più importante e che deve essere qui considerato, anche in virtù di dati recentemente pubblicati.

Poniamo infatti che un surfer disponga di un solo personal computer (o solo a casa o solo in ufficio); in questo caso sembrerebbe eliminato il problema di cui sopra; ma esiste un altro problema, ancora più grave, che possiamo introdurre con una semplice domanda: "Quanto rimangono mediamente i cookie sui computer dei navigatori?".
Una domanda che le agenzie e i centri media non si pongono, ma che debbono invece porsi gli editori.


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